Il letto asciutto di un vecchio fiume era tornato gonfio d'acqua come se non se ne fosse mai andato. Il ponte che lo sovrasta crollato anni fa assiste impotente, i campi sono trasformati in laghi e paludi. Appena entrata ad Olbia, attorno le 16, i locali sul porto avevano l'acqua sugli usci, da lì a un'ora e mezza, dentro le case e a metà altezza delle auto. Finita la mia lezione di guida quasi nautica in strade più elevate, siamo rientrati in fretta lasciandoci per pochissimo – come la mattina dopo abbiamo accurato dai canali principali – l'alluvione che ha messo in ginocchio una città costruita sull'acqua. Con una macchina vecchia che ha minacciato di spegnersi più volte per l'acqua nel tubo di scappamento, ci siamo allontanati affrontando una bufera che ci ha risparmiati per pochissimo.
Un evento che speravo avrebbe occupato i palinsesti del tg regionale, ha invece monopolizzato quelli nazionali, presentando con molti filmati le coseguenze di uno spettacolo che mi sono lasciata alle spalle poco prima di diventarne parte. Uno spettacolo che definirei...magnifico, nel suo pieno significato. Una maestosità agghiacciante, un misto di meraviglia e terrore in un simile dispiegamento di forze. Non sapevo davvero se essere eccitata o spaventata, era surreale, apocalittico.
Poco tempo fa ho ricordato una citazione per la quale Dio è nella pioggia.
Beh, lui lì c'era. Nella sua prima versione biblica. E se non lui, qualche divinità antica piena di antica rabbia. Non avevo mai visto tanti lampi in vita mia, mai tanta acqua, tanto cielo nero e rombante. È uno spettacolo cui nel bene o nel male assisti una sola volta nella vita. Si riporta sempre una sensazione di piccolezza di fronte a questi eventi, io riporto soprattutto una sensazione di inesistenza: noi non contavamo niente quella sera, noi non c'eravamo neanche, spettatori e vittime casuali di una battaglia epica tra elementi, la stessa inutilità dei mortali trasmessa dai racconti epici che narrano di scontri tra titani e divinità rancorose.
Formiche, piccole e incalacolate. Quelle che muoiono schiacciate quando i bambini corrono sui prati, quelle stritolate dagli innamorati sdraiati a prendere il sole durante il picnic. Questo eravamo. Nessuna intenzione, nessuna cattiveria, quella divinità non puniva noi, puniva il mondo o dispiegava se stessa, e noi eravamo troppo piccoli per essere presi in considerazione, inesistenti, come le formiche in una passeggiata sul prato.
Mercoledì sono tornata in città per l'esame della patente, e nell'attesa della prova si è parlato molto dell'unico argomento possibile. Una ragazza di 18 anni che come me doveva affrontare l'esame, mi ha raccontato di come l'acqua le sia arrivata alla gola mentre era in casa coi nonni, non sapendo cosa fare per mettere in salvo due anziani mentre lei avrebbe potuto nuotare fuori, si sono mantenuti a galla fino ai soccorsi, così mi è parso di capire.
Mercoledì tra strade insabbiate e traffico al minimo, un silenzio surreale per una città anche piccola come Olbia. Le pompe aspiranti ancora al lavoro, nei negozi dei cinesi la corsa alle galosce di qualsiasi misura.
Ricorderò per sempre di aver fatto la mia ultima lezione di guida poco prima della tragedia. Ricorderò di avere preso la patente in un territorio devastato, la mia esaminatrice troppo presa a commentare la devastazione per badare ai miei eventuali errori.
Ora la gente cerca di rimettersi in piedi, con non poca fatica. Casa mia è fortunatamente in alto sul livello del mare, quindi l'acqua non ha fatto danni, non siamo stati toccati, ma a cento metri da noi c'è chi ha perso tutto. Quelli che io chiamo i veri morti di questa alluvione, coloro che hanno perso tutto quello che avevano e che finito il tempo della commozione verranno dimenticati, che piangono ed hanno lo guardo vacuo, che avevano investito tutto nella loro attività o nella casa e oggi si ritrovano con niente. Persone le quali senza contare la crisi, buona parte di loro guadagna davvero solo tre mesi l'anno. Ora non possiedono i mezzi per rimettersi in piedi. Degli amici di famiglia con due figli hanno avuto la "fortuna" di perdere solo le due auto e la cantina che date le piccole dimensioni dell'appartamento al secondo piano, fungeva da armadio, sicché sono rimasti con pochi abiti. E gli è andata bene.
In città molti sono ancora senza gas e senza luce, e manca l'acqua corrente a tutti.
Essendo stata proclamata la calamità naturale, non saranno le assicurazioni a rimborsare, ma lo Stato.
Cioè rimborsi dilatati in tempi infiniti, tempi inutili.
Come ha detto la mia esaminatrice durante l'esame-tour della desolazione: piove sul bagnato.