lunedì 13 settembre 2010

Posted by Iride On 19:25
In questi giorni ho letto la notizia del gruppo di soldati americani che rischia la pena di morte per aver sparato a dei civili afgani senza motivo, collezionandone le falangi come trofeo. Per divertimento, quindi. 
L'articolo li chiama il "kill team", un nome che suona pure ganzo, da film tipo Arma Letale, e che contribuisce a dare un alone di incredulità alla notizia. La cosa veramente spaventosa non è semplicemente il fatto in sè - che è  abbastanza scioccante - ma la consapevolezza che è solo il sintomo, di una malattia. Cioè, sappiamo tutti che in guerra queste cose si fanno, basta parlare con chi la guerra l'ha fatta, e ahimè gente ce n'è, perché l'ultima guerra non è così distante da non esserci più nessuno per raccontarla. Ma il vero problema non è questo, perchè come ho già detto queste atrocità in guerra succedono.
Tempo fa ho letto un libercolo, un allegato della rivista Internazionale, contenente la trascrizione di una conferenza tenutasi a Ferrara dal titolo "Il futuro del giornalismo", con Roberto Saviano e William Langewiesche. Il primo lo conosciamo tutti, il secondo è un importante giornalista americano che ho qui avuto modo di conoscere. In questa conferenza molti gli argomenti trattati, ruotando attorno al tema di "ciò che non si dice", su come viene raccontata la realtà. Qui Saviano sottolinea una cosa importante della quale mi ero già accorta: il rapporto odierno, specie italiano, con la guerra. Nella sua attività di documentazione, lo scrittore ha avuto modo di parlare con diversi reduci: alcuni di loro hanno parlato da spacconi, riguardo il fatto che in guerra ormai non ci si possa più "divertire", perché appena svuoti il caricatore i giornalisti vogliono sapere come e perchè. Un ragazzo che era stato in Kosovo invece gli raccontò di come, frustrato di non poter sparare, morse il calcio del fucile tanto da spezzarsi un dente.
Dal lato italiano ho notato che questo problema assume toni più cupi, in quanto sembra che la guerra sia troppo distante per i giovani di oggi. Mentre una volta si disertava rischiando la morte, ci si azzoppava, ci si ammalava pur di non andare a combattere, ecco che adesso si vedono moltissimi giovani italiani ben lustrati nelle loro uniformi, cresciuti a Coca Cola e Kinder Brioss, che non vedono l'ora di partire per la guerra, entità ormai straniera in Italia e che sembra esercitare un fascino magnetico per questi pasciuti figli del Benessere, perchè pare che in Italia non ci sia nessuno nella carriera militare che non desideri prendere parte nelle missioni all'estero. 
La difficoltà dello scrivere di guerra, dice Saviano, sta nel fatto che la guerra non appartiene al lettore italiano, non più almeno, quando invece sarebbe importante parla di questo nuovo "fascino" esercitato dalla guerra. Ecco il problema, quello vero.
Ho fatto questa lunghissima introduzione - della quale mi scuso- solo per arrivare a questa riflessione: è mai possibile che l'uomo non possa prescindere l'aggressività? Davvero il tanto agognato benessere è un cancro peggiore della fame, della morte, dell'orrore? Sempre di più mi convinco che una cosa sia riconoscibile solo in contrapposizione al suo opposto, e apprezzabile solo in un confronto ravvicinato. La pace è bella solo se affiancata all'orrore della guerra. Ho già accennato l'argomento con Paolo in un suo post
Mi rendo conto che l'ozio, il troppo benessere, il non dover lottare quasi per nulla nei primi anni della vita, atrofizzi il nostro spirito che per natura necessita di stimoli e prove. Ma al di là della mollezza, della carenza di spirito che queste mancanze provocano, io mi chiedo com'è possibile arrivare a desiderare la morte, la propria e quella degli altri? Quale malessere sociale ci ha portato a questo? E' davvero il benessere l'unica causa di tutto? Nella guerra si sta male ma si apprezza la vita, nella pace si sta bene ma la vita la si getta. Via mediana, mia chimera, dove sei?

7 commenti:

  1. Ciao Iride
    Hai ben evidenziato la questione: il problema è come viene raccontata la guerra.

    Chi l’ha vissuta e sofferta tende a rimuoverla. I film di genere, anche i più cruenti e di denuncia non possono rendere l’idea di che cosa sia. In salvate il soldato Ryan, la scena dello sbarco in Normandia è una delle più realistiche a detta di chi ha fatto realmente la guerra … e l’obiettivo era di disilludere chi credeva di poter emulare le gesta di Rambo … Ricordo le immagini del luglio 1991 dei ragazzi croati che si preparavano a subire il lungo assedio di Bucovar da parte dei federali … e quelle immagini mi rimasero impresse … fasce all’apache nei capelli, cartucciere indossate alla Pancho Villa, armi imbracciate alla Rambo senza nemmeno sospettare di che cosa li attendesse … dopo qualche mese volti smagriti e sgomenti, sguardi persi nel vuoto, vestiario essenziale e un atteggiamento molto più contenuto, quasi svogliato … Bucovar cadde dopo un bagno di sangue.

    Provare il Coraggio spinge i giovani ad andare in guerra … e le immagini in ogni epoca è di parate di partenti che sembra che vadano ad una festa … ma il rientro dei reduci, le loro facce, gli occhi, i loro corpi, la postura, l’andatura … raccontano l’indicibile.

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  2. Ciao, grazie del tuo passaggio e ricambio il piacere.
    Guerra, aggressività... il giocattolo più amato dal bambino (maschietto)è la pistola, il gioco è la guerra (guardie/ladri, cowboy/indiani ...non cambia).
    Nel mondo animale, la prima cosa cxhe una madre insegna ai lor cuccioli è la lotta tra loro.
    Bambini, cuccioli, apprendono il "gioco" della guerra già dai primi giorni di vita.
    Immagino sia un bagaglio genetico che ci impone di difenderci, di sopravvivere.
    Dentro una guerra mi ci sono trovato "immischiato", per fortuna solo marginalmente (era il febbraio 84 ...).
    Non giudico il concetto di "guerra" ma quello di "motivazione".
    Perchè si fa una guerrà?
    E qui la faccenda si fa molto triste, in ogni guerra che viene combattuta (sia moderna che non) la motivazione è sempre qualcosa di futile, bisticci tra ... bambini, stavolta con pistole vere.
    Ti lascio un link per concederti 3 minuti di buona riflessione (a prescindere dalle ideologie politiche dell'attrice, l'argomento è trasversale).

    http://video.google.com/videoplay?docid=6951109121076121539#

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  3. Cara Iride, la tua ultima domanda me la pongo quasi tutti i giorni e non trovo risposte.
    A parte la mancanza (quasi) assoluta di valori positivi che diano un senso alla nostra vita e a quella del nostro prossimo, l'estremo individualismo del secolo, credo che la mente umana di fronte a reiterati orrori inimmaginabili possa perdere il senso della realtà, il controllo (come i ragazzini davanti ad un videogame violento per troppe ore al giorno). E allora non si comprende più il valore di ogni singola vita umana, l'intreccio delle relazioni e dei sentimenti che quella singola vita ha con altri individui. E ci si rende autori di gesti che fanno inorridire. Io non credo che i militari che giocavano ad uccidere civili afgani siano partiti dal loro paese per coprirsi di una vergogna simile, ma che le scene intorno a loro li abbiano deviati o oppressi a tal punto da farli "impazzire" (pur sembrando normali). Poi ci sono anche i "lucidi", l'ultima guerra ce ne ha dato esempi a iosa, ma questo è un'altra faccia della medaglia.
    Grazie per questo post.

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  4. la tua premessa mi ricorda un pò la situazione italiana del secolo scorso, quando l'opinione pubblica spinse con forza il paese ad estrare in guerra, e fu la prima guerra mondiale (mica una cosa da poco). se leggi le lettere, per dire, dei futuristi che avevano maggiore coscienza critica della cosa, partirono carichi di entusiasmo e febbre di azione e tornarono stanchi e avviliti, spezzati nell'animo, chi tornò, ovviamente...
    non è che sia cambiato molto. credo che la guerra racchiuda in sè la possibilità di dare sfogo a una fame di rivalsa, o di vuoto che in questi giorni sono letali, soprattutto per le fasce psicologicamente più deboli, in questo caso i nostri pasciuti ragazzini che non sanno e non vogliono sapere... di chi è la colpa, ma nostra ovviamente,
    e un poco loro... e anche un pò del fatto che bene o male siamo e rimaniamo, in fondo al DNA, pur sempre scimmie...

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  5. Avete ragione. La guerra porta con sè ingiustamente quel sapore di rivalsa e onore da poema epico, sapore che con l'esperienza diventa amaro e sa di sangue e lacrime. E descrivere la guerra non serve a niente, perché qualsiasi trasposizione o testimonianza non può renderne l'idea. La guerra può solo essere vissuta. E' ciò che è peggio, è che in realtà in guerra muori, in ogni caso. Perché al ritorno non sei più tu, non sei più un uomo, non quell'uomo che secoli di cultura e umanesimo hanno forgiato. Impazzisci, o forse si tratta solo di regressione agli istinti più profondi. In effetti, ogni volta che raggiungiamo degli apici di progresso umano illudendoci di esserci evoluti, succede qualcosa che ci ricorda che siamo solo scimmie senza peli.

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  6. Ciao Folletto, il tuo commento era segnalato come spam quindi non compariva, l'ho letto adesso, e ho visto il video: condivido l'amarezza di tutto il monologo, la faccenda delle mine per i bambini poi mi ha sempre disgustata.
    Riguardo all'aggressività, bisogna capire che è una componente essenziale della nostra natura, siamo animali come tutti gli altri, come ha ricordato lillo. A questo proposito è interessante il libro "La scimmia nuda" di Desmond Morris, che ci dimostra con semplicità che niente siamo di più di scimmie spelacchiate, nonostante l'evoluzione. Il ché non deve essere oggetto di vergogna, ma bisogna esserne consapevoli, per non divenir schiavi di quegli istinti bestiali senza preavviso e preparazione.
    L'aggressività alla quale mi riferivo è quella antica, brutale e cieca che porta alla prevaricazione del prossimo, a uccidere un nostro simile con tanta freddezza e brutalità, nonostante una cultura e una vita elevata. Desiderare di partire come dispensatore di morte. I perché li abbiamo elencati, sebbene è probabile ci siano molti altri elementi in gioco.
    Per quanto riguarda i motivi, come dici tu sono sempre futili, e lo sono per forza, perché una persona saggia non scende in guerra, non manda un popolo a morire. La guerra è stupida, ergo lo sono anche i motivi.
    Grazie per il video.

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  7. Chapeaux a Tutti ...
    ma in particolare alle conclusioni di Iride...

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